Paul Klee (Münchenbuchsee, 18 dicembre 1879 – Muralto, 29 giugno 1940) insegna che quando il pennello e la tavolozza di un pittore riescono ad esprimere sentimenti, stati d’animo e sensazioni, allora l’artista può davvero affermare di aver raggiunto il suo apice:
Il colore mi possiede. Non ho bisogno di tentare di afferrarlo. Mi possiede per sempre, lo sento. Questo è il senso dell’ora felice: io e il colore siamo tutt’uno. Sono pittore.
Questa consapevolezza, espressa in una frase così intensa, Klee la raggiunge durante un suo viaggio in Tunisia, quando nel 1914, insieme ai due amici pittori August Macke e Louis Moilliet, visita Cartagine, Hammamet, Kairouan e Tunisi. La varietà cromatica dei luoghi, le tonalità accese e luminose dei paesaggi africani, lo portano a scoprire un nuovo repertorio di segni grafici, cogliendo le atmosfere, i colori naturali, le luci di quelle realtà.
La vita di Paul Klee inizia già all’insegna dell’arte: il padre musicista, professore al Conservatorio Hofwyl e la madre cantante, frequentano gli ambienti dell’arte e della buona società e consentono a Paul di crescere in un contesto culturalmente attivo, volto alla poesia, alla musica e alla pittura. Divenuto un ottimo violinista, Klee ama la musica classica e il teatro, ma l’interesse per la pittura lo dirige nel 1898 verso la città di Monaco, dove inizia a studiare storia dell’arte, conoscendo all’Accademia di Belle Arti Vasilij Kandinskij. Nel 1911 insieme a lui, Auguste Macke e Franz Marc, crea il gruppo Der Blaue Reiter che si scioglierà nel 1914, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale.
Dopo gli eventi drammatici legati alla guerra, che scuoteranno nel profondo l’animo dell’artista insieme alla perdita dell’amico Franz Marc, inizia per Klee il periodo più fecondo e felice della sua carriera artistica.
Nel 1920 Paul Klee si stabilisce a Weimar, su invito del Bauhaus; qui si applicherà con entusiasmo alla didattica insegnando Teoria della forma e del colore.
Per l’artista la comunicazione con la natura resta la più essenziale delle condizioni. L’artista è umano; è egli stesso natura; parte della natura all’interno dello spazio naturale.
Klee è curioso, desideroso di conoscere, comprendere non solo la realtà che lo circonda ma anche se stesso; nell’opera di Klee, la figura umana è fondamentale ma è sempre filtrata attraverso il proprio mondo interiore.
La capacità di Paul Klee, soprattutto come stimolo all’immaginazione e alla creatività, è racchiusa in una delle sue citazioni più note:
L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è.
Nel 1930 conclude la sua attività di insegnante alla scuola del Bauhaus per andare a coprire la prestigiosa cattedra di pittura all’Accademia di Dusseldorf, ma tre anni più tardi, nel 1933, sarà costretto a dimettersi perché il regime nazista considera la sua arte “degenerata“. Molti quadri di Klee vengono confiscati nel corso della campagna nazista contro l’arte moderna e a causa dell’angoscia e dell’aggravarsi della sua malattia, la sclerodermia, la pittura del maestro assume uno stile piuttosto cupo con sfondi monocromi e pennellate scure.
Nel 1934, l’atmosfera che si era creata in Germania obbliga Paul Klee a rifugiarsi a Berna, dove chiede inutilmente la cittadinanza svizzera (gli sarà concessa sei giorni dopo la morte).
Klee amava viaggiare e i paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo erano spesso le sue mete preferite, soprattutto il nostro Bel paese in cui si reca ben sei volte. Dopo il lungo viaggio di studio tra l’ottobre 1901 e il maggio 1902, nello spirito del classico Grand Tour di formazione, visiterà le principali città italiane dal nord al sud e infine, nel 1932, sarà a Venezia. Durante il soggiorno italiano annota sistematicamente tutto ciò che vede: registra sensazioni, aneddoti, ricordi, riflessioni sull’arte e sull’esistenza. Lo fa sia nelle pagine dei diari, sia attraverso una fitta ed intensa corrispondenza con Lily Stumpf, la fidanzata segreta che sposa nel 1906.
La vita di Paul Klee è stata sicuramente intensa e ricca di esperienze che ne hanno prodotto un linguaggio artistico irripetibile, che tanto influenzerà il corso dell’arte del XX secolo. La sua unicità sta nella forza del colore che interagendo con i segni trasforma la realtà.
Marta Previti per MIfacciodiCultura
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