Sono passati 18 anni dalla mia “prima volta”, la prima volta che ho conosciuto me stesso, la prima volta che ho visto il grano, la mia prima volta in cui ho capito che l’impossibile poteva esistere addirittura con sembianze umane e che l’uomo poteva non essere il distruttore di cui tutti parlano, la prima volta in cui ci si sente “parte el Tutto”, la prima volta in cui il Tutto ha avuto forma e profumo, massa volume ed energia pur non essendo esattamente materia.
Solo da maggiorenne ho potuto, per troppo poco tempo, tenerti accanto tra le mie radici genetiche, cercando di farti toccare con mano il mio presente quotidiano, il passato che mi ha portato fin lì e la mia speranza nel futuro riposta a sud. “Ti trovo meno sognatore di un tempo” mi hai detto sorseggiando sangria. Come darti torto, caro Tonino, come contraddirti o tentare di raggirare la verità proprio a te che della Natura umana ne incarni l’essenza? Il fatto è che a volte non basta sapere che esistono persone speciali, uniche ed assolute come te. Ne ho incontrate altre sai? No, non cado in contraddizione con l’ “unico” perchè conosco bene, l’ho fatto mio, il tuo senso dell’unico, quell’unico che si ripete e si rinnova ad ogni primavera, ad ogni onda del mare che “mirando” s’infrange sul bagnasciuga arido ed assetato, metafora perfetta delle nostre gole, gole Fiasca, gole solcate dal miere, gole troppo spesso strette in utopici “a presto” che sempre sanno di addio. L’unico che “comm nasce assì se miete” che è unico ad ogni ammasso!
Mi chiedono spesso il “perchè” del mio per nulla celato amore per la Terra Lucana, Terra che non potrà mai essere davvero mia ma che in me vive e mi rende vivo, il mio Paradiso di Uomini in cui tutto danza perfettamente al ritmo del cuore, danza il grano e danzano le vigne, danzano i vecchi e gli emigranti, le donne ed i furfanti, danza la neve a braccetto con le campane del Convento, danzano i bambini e le idee, danzano i sogni ed i problemi di tutti le albe. Ed a quella domanda io parlo di un ex-collega “di lì” che poi ha deciso di lasciare quella Terra per andare in Cile più o meno “da sognatore”, con qualche certezza, certo, ma carico di speranze e di sogni, entrambi lievi e raggiungibili, speranze e sogni di felicità epicurea che non coincide con l’effimero bensì con l’umano, l’umano più profondo fatto di esistenza in Vita. Parlo di te, a volte pronunciando anche il tuo nome, sussurrandolo più che altro, perchè Tonino è colui che mi ha dato i natali dell’anima. Credo che dopo Tonino io sia diventato una persona migliore, lo credo con tutto me stesso!
Riprendo in mano il bicchiere, sai che lo faccio spesso, e ritorno alla sangria di quest’estate. Ne ho incontrati altri di Tonino, stesso copione e stesso finale: persone uniche e speciali che vivono in me, nel mio senso del giusto, nelle mie azioni e nel mio modo di vedere ed affrontare ogni sibilo di Vita. Ma i sogni, caro Tonino, quelli purtroppo non sempre li ho potuti indossare più così spesso come facevamo insieme. Ho conosciuto persone eccezionali che li hanno regalati, altre li hanno distrutti nella felicità altrui, altri ne hanno fatto bandiere e divise. Io ne ho fatto ben poco o forse ho fatto ciò che si fa con le cose care e preziose perchè un altro dei tuoi insegnamenti è stato quello di reputarli tali: li ho lucidati ogni giorno ed ogni notte, li ho rinchiusi in una teca bellissima fatta di legno di salice ed ulivo rubato di nascosto alla Pianella. Ogni notte, per questi 18 anni, li ho accarezzati, baciati ed amati e qualche volta, in poche magnifiche occasioni, li ho indossati come il vestito più bello che avessi e le pupille, altrettanto lucide come adesso, speravo proiettassero la luce di ciò che vedevo fino all’altra parte dell’Oceano. A quel paltò erano appiccicate le foto che abbiamo rivisto insieme al tavolo, il calendario Pivelli, le Madonne del furgoncino ed i giocattoli dei pre partita, l’aino volante di Patanella ed il gomito sporgente dal Vitara, il climatizzatore della Croma, le “sigarette nostre”, il Ristretto, le tutine, le UTE 6 e 7, i panini di Giannino, il giornalino col mio articolo, il costume Success, la Grancia, i consorzi di Oppido e Pietragalla, la chitarra della diga del Puscio, il bagno alle 4 di mattina a Trani, l’Innamorato Vino Da Tavola, la Panda Van (luogo), la latta di olio e qualche accessorio della cabina armadio che sta “for”.
Caro Tonino, i grandi si distinguono dai bambini per la calvizia, la statura e la rassegnazione di non poter condividere con tutti i propri sogni, che poi altro non sono che raggiungibili mete di felicità dell’Anima e da maggiorenne, lontano dai Santi, ho dovuto per forza coprire la teca sotto un lenzuolo leggero di esperienze, di volti e di Paesi, NULLA ad oggi paragonabile a TE perchè un luogo è per me l’astrazione di un concetto umano fatto di presenza, la presenza di esseri che ti fanno cantare, ad ogni bivio di vita, della fortuna immensa ed infinita di averli conosciuti e di essersi lasciati attraversare il cuore, la gola e l’anima.
A PRESTO TONI’ tant lu munn, per quelli come noi, j’è zicc!