Questa rubrica tenterà di dare delle risposte al silenzio che la storia per tanto tempo ha gettato sulle muse, mogli, amanti di grandi personalità. Tuttavia, per prendere le distanze dalla “Storia dei Manuali”, cercheremo di far rivivere la “Storia delle donne” attraverso la voce delle protagoniste, immaginando e facendo nostra la loro vicenda umana. Ora, aprite il diario, e tra le righe dei pensieri entrate nell’animo di chi ha fatto la storia in silenzio. Oggi tocca a Jeanne Hebutérne.
Autoritratto di Jeanne Hebuterne, 1917
Come è buia questa notte senza te. Da qui in alto, il quinto piano, non sento il chiasso delle strade parigine, ma sento più tagliente la lama della solitudine che si avvicina alla mia gola…un coltello. L’ho tenuto sotto il mio cuscino ieri notte, la mia prima notte da “vedova”, passata da sola all’Hotel des Rennes. Durante il dormiveglia lo accarezzavo, come accarezzavo i tuoi capelli sudati nelle notti passate. Oggi ho disegnato anche un po’, bozzetti, autoritratti con un pugnale nel petto, dritto nel cuore. Come te, che mi sei arrivato dritto nel cuore la prima volta che ti ho visto. Era una notte invernale come questa, come tante. Parigi ai miei occhi era ancora la città delle speranze, mi sembrava di essere immersa in un grande spettacolo di umanità variopinta. Avevo solo tre anni in meno, ma tanta forza d’animo in più. Pretendevo di poter costruire il mio successo con il mio talento. Ero determinata a farmi strada tra gli artisti, ne sono diventata l’amante… La bellezza a volte è un grande peso. Ma tu, la mia bellezza non l’hai solo dipinta. L’hai sublimata in forme morbide ed essenziali. Il mio volto rotondo è diventato una maschera tribale africana, i miei occhi verdi e cangianti sono diventati nere fessure aperte sull’oblio. Se gli occhi sono lo specchio dell’anima, tu la mia anima l’hai tirata fuori e l’hai modellata in curve e ovali essenziali. Mi hai svuotata, in certo senso, e mi hai riempita di te. Ed ora che non ci sei più sento con chiarezza il nulla.
Ritratto di Jeanne Hebuterne, Amedeo Modigliani,1919
Perché, dimmi il perché, mio Modì, la vita è così crudele? Perché, mio Modì, ti ho amato tanto? Il mio amore è come l’edera, si è insinuato prepotente in ogni mio respiro. Come avrei voluto respirare davvero io per te nei tuoi attacchi di tubercolosi. Come sarei voluta essere per una volta il tuo fegato, il tuo cuore, e come un organo vitale non staccarmi più da te, vivere in tua funzione e tu grazie a me. Entrambi in te. Non mi serve l’arte e non mi serve un nome, se ho il mio Amedeo. Il mio nome… tante volte lo hai sbagliato tornando a casa ubriaco. Ma non mi sono mai arrabbiata. Anche i tuoi eccessi, il tuo pianto, la tua rabbia, la dipendenza dall’alcool, il tuo isolamento erano Modigliani, e non ho potuto non amarli. A volte mi chiedo anche io come ho fatto in questi anni a resistere. Ho pensato tante volte che saremmo potuti essere una famiglia normale. Ecco… ci vedo. Una piccola casa immersa nel verde. Alle pareti, dipinte di un azzurro tenue, sono appesi i tuoi quadri, tranne nella camera di Jeanne, dove ho messo i miei ritratti di signore borghesi. La zuppa ribolle sul fuoco, ho appena terminato di apparecchiare la tavola quando da lontano ti vedo superare il cancello e avanzare nel bianco vialetto. Sei così bello, nel tuo completo grigio, la pelle è rosa, non hai più la tubercolosi… la piccola Jeanne ti corre incontro e ti salta con le braccia al collo. Io, con il mio pancione avvolto in un abito bianco, ti aspetto sulla soglia di casa.
Ti aspetto sul davanzale di questa finestra. Vienimi a prendere, Modì.
Il cielo è nero, come la mia anima, come la mia vita senza te.
Jeanne Hébuterne (Meaux, 6 aprile 1898 – Parigi, 26 gennaio 1920) fu una pittrice francese, musa e compagna di Amedeo Modigliani. Nata da una famiglia di condizioni economiche modeste ma dai forti valori religiosi, è spinta dal fratello Andrè, pittore, ad iscriversi all’Accadémie Colarossi (scuola di Belle Arti) a Parigi. La giovane Jeanne dimostra di avere un grande talento artistico ed uno stile molto particolare, caratterizzato dall’uso di colori contrastanti, e da una profonda caratterizzazione degli stati d’animo dei soggetti rappresentati. A Parigi la sua bellezza non passa inosservata: il contrasto tra il candore del volto, da cui emergono i magnetici occhi verdi, ed il nero dei capelli le procurano il soprannome di “Noix de Coco” e suscita ammirazione in artisti di Montparnasse come Tsuguharu Foujita, di cui divenne modella.
Jeanne Hébuterne
Nel 1917, all’età di soli 19 anni, conosce il maudit Amedeo Modigliani, già malato ed immerso nei vizi di droga e alcool. Tra i due scoppia una passione travolgente, ma la fama del bell’artista italiano presto oscurerà il talento di Jeanne. Nel 1918 nasce la loro bambina, Jeanne (come la madre) e la coppia riesce a vivere in un piccolo appartamento parigino grazie ad un sussidio garantito dal protettore di Modigliani, Léopold Zborowski. La loro storia è un’alternarsi di momenti di grande affetto e attimi di reciproca apatia. I genitori della ragazza si oppongono fermamente alla loro relazione, tanto più conoscendo lo stato pietoso in cui Modigliani tornava a casa la sera dopo le bevute. La notte del suo trentacinquesimo compleanno, Modì scrive: «M’impegno oggi 7 luglio 1919 a sposare la Signora Jane [sì, sbaglia il nome…] Hébuterne appena arriveranno i documenti». Non lo farà mai. Le sue condizioni di salute peggiorano velocemente (era malato di tubercolosi), sicuramente aggravate dagli eccessi della sua vita. La notte del 22 gennaio, avvertiti dal padrone di casa, alcuni amici della coppia sfondano la porta di casa: tra sporcizia, bottiglie e scatole di sardine aperte, trovano Jeanne, incinta di nove mesi del secondo figlio, a vegliare sul compagno in preda ad un attacco di meningite tubercolotica. Giunto in ospedale già in coma, Amedeo muore la notte del 24 gennaio. La notte del 26 gennaio Jeanne Hebutérne si suicida, gettandosi dall’appartamento dei genitori al quinto piano. Per volere della famiglia, i suoi funerali vengono celebrati in una piccola cerimonia alle otto di mattina, prima delle grandi celebrazioni per Modigliani. La sua salma è stata ricongiunta a quella dell’amato nel 1922, con un epitaffio che ancora sacrifica la sua individualità umana ed artistica:
DI AMEDEO MODIGLIANI
COMPAGNA DEVOTA FINO
ALL’ESTREMO SACRIFIZIO
Chiara Di Giambattista per MIfacciodiCultura
L’articolo Jeanne Hebutérne, la vita e l’arte per Modigliani sembra essere il primo su Artspecialday.