
Colore, spirito e vita,: queste le qualità che devono essere generate dall’artista mediante un freddo blocco di marmo, secondo la filosofia dell’uomo che andremo ad omaggiare oggi. Il 7 dicembre è un dovere ed è un piacere ricordare la nascita di uno dei più grandi artisti italiani: Gian Lorenzo Bernini.
Nato a Napoli nel 1598, il Bernini fu un uomo poliedrico, si affacciò infatti a mondi artistici tra loro diversi come la pittura, l’architettura e la scultura. Fu quest’ultima però che lo rese immortale e tra le sue opere più significative, per esempio, spiccano alcune fontane monumentali di Roma: la Fontana delle Api, la Fontana del Moro, la Fontana dei Quattro Fiumi, la Fontana del Tritone. Il Bernini è quindi considerato il massimo esponente del filone Barocco in Italia, ma la sua grandezza non ebbe limiti geografici, infatti le sue le sue opere e le sue brillanti tecniche divennero spunto per gran parte degli artisti europei. Idee brillanti seguite però da un enorme talento, formatosi nell’ambito artistico romano, sotto lo sguardo vigile del padre Pietro, il quale riconobbe e cercò di valorizzare al massimo il precoce dono del figlio, insegnandogli i primi rudimenti della scultura già in giovane età.
Col susseguirsi degli anni e lavorando per Papa Urbano VIII, Gian Lorenzo Bernini iniziò a dedicarsi all’architettura e alla pittura, oltre che alla scultura. Il 5 febbraio 1629 assunse la direzione dei lavori di San Pietro. La basilica fu teatro di grandiosi interventi berniniani: il sepolcro di Urbano VIII, la statua del San Longino e il monumentale baldacchino di San Pietro, al quale l’artista lavorava già dal 1624 e alla cui realizzazione partecipò anche l’architetto-assistente Francesco Borromini. Gran parte dell’affascinante bellezza di Roma è proprio dovuta alla leggendaria rivalità tra questi due eccezionali artisti sempre spinti a superarsi l’un l’altro.
Nel 1680 la salute di Bernini si aggravò a causa di una paralisi al braccio destro: la sua infermità lo condurrà alla morte il 28 novembre 1680.
L’opera del Bernini, leggibile da tutte le visuali siccome ciascun punto di vista è in grado di continuare la narrazione della scultura, illustra il momento esatto in cui Plutone, rappresentato con corona, barba e scettro mentre il cerbero controlla che non lo veda nessuno, avvolge la ragazza la quale cerca di allontanarsi, dimenandosi, dalla presa. Proprio questa presa ci permette di notare la grandezza del Bernini: le mani, le dita del dio penetrano la pelle della fanciulla, creano ombre che mostrano il movimento nello spessore della tenerezza della carne. L’artista ci mostra avidità, tensione, passione e violenza in contrasto con la bellezza eterea e fanciullesca della carne di Prosperina.
Un altro elemento fondamentale è lo sguardo, creato mediante il gioco di ombre: lo sguardo del dio risulta avido e terribile mentre gli occhi della ragazza appaiono bagnati di lacrime, disperati sia per la paura dell’oscurità degli inferi sia per la presa di coscienza di quello che accadrà.
Gianmaria Turco per MIfacciodiCultura
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