L’amore per l’ignoto equivale all’amore per la banalità: conoscere significa scoprire la banale conoscenza, agire significa cercare la banalità dei sentimenti e delle sensazioni.
Prendo in prestito il titolo di uno dei libri più letti e blasonati nell’ambiente degli amanti della fotografia!
Volendo solo aprire una breve parentesi: L’occhio del fotografo per me è stato più un esame di matematica che un libro sulla fotografia visto che in ogni pagina ci sono almeno tre rimandi a pagine precedenti o successive con riferimenti a foto numerate!
Pessimo modo di comporre un libro destinato alla divulgazione!
L’occhio
L’essere umano, quello umano per davvero, si è sempre posto domande analizzando se stesso e se stesso nell’Universo. E’ innanzitutto attraverso l’analisi dell’uomo stesso che il genere umano è riuscito ad essere la specie che domina il Pianeta.
E sempre attraverso lo studio, l’analisi e le sperimentazioni di “se stesso” l’uomo è stato capace di creare frammenti di sé aspirando da sempre al raggiungimento dell’obiettivo di essere Creatore di sé stesso: una sorta di mania di onnipotenza, mettiamola così!
Sebbene ad oggi l’uomo non sia ancora riuscito completamente nel suo intento è giunto comunque a traguardi sensazionali in materia di CONOSCENZA dei meccanismi umani, inclusi quelli emotivi, psichici ed affettivi. La macchina fotografica, che oggi sembra essere un accessorio banale, è in realtà il risultato di un’attenta, quasi ossessiva, analisi dell’uomo e della materia essendo essa la più performante copia dell’occhio umano!
Da questo assunto è facile intuire che non è possibile “usare”comprendere” il funzionamento di una macchina fotografica se prima non si comprende il funzionamento dell’occhio umano ovvero del “modello” a cui si rifà il simulacro artificiale generato dall’essere umano! Se è vero (ED È VERISSIMO!) che “un ottimo oculista è per forza un ottimo fotografo” è altrettanto vero che, POTENZIALMENTE un ottimo oculista potrà usare con maggior consapevolezza i parametri di un sistema fotografico.
Conoscere “come” funziona un sistema fotografico, corpo macchina, lente, flash ed altre diavolerie consente al fotografo di acquisire una consapevolezza plenaria del risultato finale dello scatto. Questo non ne garantisce assolutamente la funzionalità, ammesso che essa esista, né tantomeno adduce caratteristiche qualitative generiche o specifiche. Insomma conoscere come funziona un sistema fotografico non attribuisce assolutamente NULLA alla fotografia, non la renderà più bella né migliore,né nessun altra cosa ma semplicemente consente di poter prevedere o, per usare un termine che tanto piace agli addetti ai lavori, previsualizzare quale sarà il risultato dello scatto! Tutto qui!
Beh in realtà quel “tutto” è un buon 90% di una fotografia: bisognerebbe sempre avere un’idea abbastanza “precisa” del risultato che si vuole ottenere come “fotografia” che si sta per scattare. Il processo di realizzazione di uno scatto fotografico, di norma, prevederebbe proprio questo aspetto, ovvero l’immaginazione del risultato finale, come prologo al discorso dello scatto.
Quanto detto, nell’era del digitale, sembra essere un concetto a primo impatto banale ma non lo è affatto! Benché risulti ormai ampiamente superato l’ostacolo della verifica postuma dello scatto grazie ai (meravigliosi) display di cui sono oggi dotate le macchine fotografiche nonché gli smatphone, non si può dire lo stesso dei parametri fotografici un po’ più radicali della fotografia stessa quali, esposizione, profondità di campo, dominanti, aberrazioni cromatiche, flare e tanti altri aspetti. Va da se che con il digitale è pressoché impossibile, ammenoché non lo si voglia di proposito, mozzare teste e braccia o scattare foto completamente “nere” o “bianche” o commettere altri “errori” che, con la pellicola analogica erano del tutto usuali. Il display contiene in maniera abbastanza veritiera quello che sarà il risultato finale dello scatto. Se si pensa, inoltre, che oggi la stampa di una fotografia sembra essere diventato un vezzo ad appannaggio dei soli amanti dell’arte fotografica, in questo caso il display contiene il risultato finale dello scatto in maniera pressoché univoca e quasi sicuramente, dato che la diffusione delle immagini avviene per lo più vis smartphone, ne contiene la versione “migliore”.
Ecco però che il processo fotografico tende così a trasformarsi radicalmente, quasi ad invertirsi. Dalla ricerca della fotografia scaturita dal prologo dell’immaginare quello che sarà il risultato, la fotografia si mostra sul display prima ancora di essere scattata e su esso viene modellata con strumenti che, apparentemente, poco hanno di “oculistico”. Solo a modellazione avvenuta si esegue lo scatto il quale, da suggello di un discorso mentale, diviene così strappo di una pagina già scritta trovata di fronte all’obiettivo e sulla quale la mente ha modellato un epilogo anziché un prologo!
Nell’ultimo dei casi, invece, la modellazione avviene postuma sulla base di tante pagine strappate e messe da parte ovvero di molti, moltissimi, fotogrammi salvati in memoria tra i quali ne verrà poi scelto (forse) uno e su quello se ne modellerà l’epilogo.
Se appartieni a questa categoria credo che tu non abbia avuto la pazienza neppure di leggere le prime tre righe di questo post e, bada bene, non è affatto un’offesa!
Che sia uno smartphone, una reflex o qualsiasi altro strumento fotografico, per quanto possa sembrare strano, anche se non sono visibili pulsanti, ghiere, lampade o rumori strani ciò che viene “salvato” come scatto è il risultato di fenomeni ottici perché, e non andrebbe mai dimenticato, la foto_grafia è unicamente luce!
L’ottica è la branca dell’elettromagnetismo che descrive il comportamento e le proprietà della luce e l’interazione di questa con la materia (fotometria).
Wikipedia
Pulsanti, ghiere, lampade e tutto quanto di “meccanicamente ingombrante” è stato sostituito dall’uomo in algoritmi digitali che manipolano segnali elettronici ottenendo gli stessi, se non migliori, risultato. Ma la fotografia, il suo senso, l’embrione, la sua natura resta comunque ancora luce e pertanto continuano a valere i medesimi concetti, le medesime regole, leggi e cardini dell’Ottica, della Matematica, della Fisica, della Chimica e di ogni altra scienza e disciplina che ne hanno portato alla scoperta. Più conoscenza si ha delle discipline legate direttamente ed indirettamente alla Fotografia più consapevolezza si ha nell’affrontare il processo fotografico e tale consapevolezza può aiutare ad ottenere un risultato più in linea con quello che si desiderava ottenere prima dello scatto così come può aiutare a strappare la pagina del libro nel modo più vicino a quello che si desidera mettere in tasca.
Questa consapevolezza, ripeto, non garantisce NULLA! Non garantisce uno strappo perfetto della pagina né tantomeno una foto perfettamente esposta o un ritratto epico ma semplicemente conferisce gli strumenti per poter evitare VOLUTAMENTE di strappare il paragrafo chiave della pagina o di lasciar intravedere VOLUTAMENTE la nebbia al tramonto. In sostanza conoscere i rudimenti dell’Ottica e delle discipline direttamente legate alla fotografia consente di SCEGLIERE CONSAPEVOLMENTE GLI ERRORI DA COMMETTERE!