Dopo quasi due settimane rientriamo a Kathmandu. Quasi ci era mancato quel frenetico e colorato caos che dalle prime ore del mattino abita ogni angolo della capitale nepalese.

L’ultima tappa era stata Chitwan, la natura selvaggia, il verde accecante del Parco, gli elefanti… ma Kathmandu appariva diversa, diversa da come l’avevamo lasciata, più ammaliante e dolce e sebbene qualche goccia iniziasse a cadere più spesso, nelle pozzanghere si rispecchiava di ora in ora una città sempre più bella.

Abbiamo vagato, finalmente, senza mete ben precise, niente guide al seguito né itinerari in tasca: la strada, la gente, gli innumerevoli mercati, i Momo, il formaggio di Yak, tutto quanto potesse urlarci in faccia che, sì, eravamo in NEPAL! Seguendo gli istinti e con la voglia matta di perderci ci siamo incamminati ai margini della città dove abbiamo scoperto templi nascosti e artigiani dal sorriso facile, legni intarsiati a mano da abili falegnami e bambini che sognavano di volare insieme ai loro aquiloni di carta velina.

Il Nepal: tanto poi toneremo con calma, un giorno ci torneremo. Con calma!